Taranto, la sentenza vergognosa dopo i fatti di Picerno

foto Fabio Mitidieri
Tempo addietro, da queste pagine, in occasione del caso penalizzazione, si era invocato, nei successivi gradi,  la vera giustizia sportiva. Giovedì scorso, il Taranto Calcio ha subito un trattamento ostile allo stadio Curcio di  Picerno, ma probabilmente il club rossoblu della provincia potentina aveva dimenticato, all'andata,  quale trattamento di grande accoglienza ed ospitalità aveva  ricevuto.

Nell'intervallo,  il fattaccio, con i nostri tre atleti aggrediti e ricoverati in ospedale al San Carlo di Potenza, e le dimissioni verso le 20.30, tranquillizzava tutto l'entourage ionico e la comitiva rossoblu tarantina rientrava serenamente nella Città Bimare.

Si preannunciava la riserva scritta e ieri,  il Giudice Sportivo ha emesso la sentenza, molto articolata ma che ha partorito ... il classico topolino, dove il Taranto, oltre ad essere stato mazziato, ha subito anche la beffa per essere stato grandemente penalizzato, quasi fosse stato causa della vile aggressione, subita da parte dei suoi tesserati. 

Analizziamo quindi la sentenza, passo passo, per capire le arzigogolate motivazioni, anche capziose, del Giudice Sportivo e cerchiamo di dare qualche motivazione logica.

Premesso quanto richiesto dal Taranto, viste le controdeduzioni del Picerno che ha dedotto la genericità e l'infondatezza, nel merito, del reclamo di controparte, il terzo capoverso recita, testualmente: " ...esaminati  gli atti ufficiali di gara e rilevato come da essi emerga un quadro non del tutto coerente con la ricostruzione offerta dal sodalizio reclamante. Se da un lato, infatti,  emerge con chiarezza che uno steward della A.S.D. P. AZ PICERNO, aggrediva con un "tirapugni in ferro" alcuni calciatori del TARANTO FC 1927 S.R.L. , dall'altro lato i calciatori aggrediti non risultano identificati e, peraltro, uno dei calciatori che il Taranto include tra i "sostituti" , il n. 86 CROCE ANTONIO successivamente condotto presso l'Azienda Ospedaliera S. Carlo di Potenza per accertamenti insieme al n. 4 MANZO STEFANO e al n. 94 FAVETTA CIRO;

- risulta, invero, espulso dall'arbitro nel corso dell'intervallo, per aver reagito all'aggressione subita da alcuni compagni tentando di colpire con 3 pugni l'addetto alla sicurezza del PIcerno; ....."

Ora non si capisce come il Taranto abbia potuto includere Croce tra i "sostituti", quando ha disputato l'intero primo tempo, ma sembrerebbe secondo il giudice che da atleta in panchina abbia reagito, in difesa dei compagni, tentando di colpire con tre pugni l'addetto alla sicurezza.

Quindi  per un processo alle intenzioni, ovvero tentare di colpire con tre pugni l'addetto alla sicurezza vile aggressore, il Giudice Sportivo lo appieda per tre turni (come viene valutata la sanzione, ogni tentativo di tirare un pugno = una giornata di squalifica?) senza valutarne le eventuali attenuanti (la sua reazione, pur istintiva, era scaturita per la difesa dei compagni aggrediti), ma la cosa che lascia esterrefatti  è la motivazione del rigetto, ovvero: " rilevato l'insondabilità della tesi di far discendere dalla presunta ricostruzione in fatto una "chiarissima carenza della vis psicologica per affrontare il secondo tempo" e, per tale via, pervenire ad una dichiarazione di "irregolare svolgimento della gara",  anche alla luce  del tenore  dell'art. 17, comma 1 CGS, ai sensi del quale " Non si applica la punizione sportiva della perdita della gara qualora si verifichino fatti o situazioni , imputabili ad accompagnatori ammessi nel recinto di giuoco o sostenitori della società, che abbiano comportato unicamente alterazioni al potenziale atletico di una o di entrambe le società", pertanto in base a quanto sopra il ricorso è stato  respinto.

In sintesi,  dalla sentenza emerge che non è accertabile la tesi del Taranto secondo la quale avrebbe affrontato il secondo tempo con una "chiarissima carenza di forza psicologica" , ovvero in una condizione di mancanza di serenità a seguito di quello accaduto e quindi non ci sarebbero stati i presupposti  per pervenire ad una dichiarazione di irregolare svolgimento della gara, anche in riferimento all'art. 17 , comma 1 CGS  che parla di non applicazione della punizione sportiva della perdita della gara.

Ora questo assunto appare molto ardito, in quanto la squadra rossoblu, scesa con la migliore formazione pensata dal tecnico, tra il primo ed il secondo tempo ha dovuto fare a meno di tre uomini cardine, di cui uno, oltre ad essere stato aggredito, ha subito una punizione che appare molto grave nella sanzione comminata, in base allo svolgimento dell'accaduto, quindi sicuramente non è stato più rispettato il principio dell'uguaglianza competitiva che, oltre all'aggressione subita e le relative sostituzioni forzate,  ha comportato la disputa dell'intero secondo tempo in inferiorità numerica.

Per assurdo se la formazione ionica si fosse rifiutata di scendere in campo, nella ripresa, avrebbe subito la sanzione della sconfitta a tavolino e rischio di penalizzazione, pertanto aver ripreso a giocare, non significava essere nelle condizioni psicologiche ideali di affrontare il match, essendo a conoscenza che tre atleti erano stati trasportati presso il nosocomio del San Carlo a Potenza, ma di evitare ulteriori e gravi penalizzazioni che avrebbero compromesso l'esito del campionato e macchiato l'immagine della società ionica.

La sentenza , così come motivata, farebbe, altresì,  passare un principio molto pericoloso, ovvero, per assurdo,  se un club volesse vincere un incontro molto delicato, decisivo per le sorti del campionato e nella consapevolezza di non poterlo fare sul campo, basterebbe organizzare un'azione proditoria per mettere fuori gioco i migliori atleti della squadra avversaria e, come ospitanti, il tutto si limiterebbe ad una squalifica del campo, da disputare a  porte chiuse,  con un'ammenda irrisoria, intanto  l'intento di vincere l'incontro lo si è raggiunto e le sanzioni irrigate  restano molto contenute, tanto da poter essere soggette a revisione per i successivi gradi di appello.

Quindi non va assolutamente bene  questa forma di pensiero ed il  messaggio che traspare nell'attenta lettura della sentenza, ecco perché è  giusto che la società vada  avanti per la strada del ricorso in 2° grado, affidandosi al pool di legali, già esibito in occasione del ricorso contro la penalizzazione subita, ed ottenga la vera giustizia, affinché il principio della violenza non riprenda il sopravvento anche nei campi di calcio e sia di cattivo esempio per tutti e, in particolare, per le nuove generazioni.

Attendiamo quindi l'esito del 2° grado di giudizio e, sia pure con il cuore ferito  per i giusti diritti calpestati, porgiamo i più sinceri e sentiti auguri di serena Pasqua e lieto Lunedì dell'Angelo, alla'intera tifoseria,  ai vertici societari, a tutto l'entourage, collaboratori, al settore tecnico , dirigenziale e alla squadra, ma in particolare ad Antonio Croce, Stefano Manzo e Ciro Favetta, eroi rossoblu che hanno subito una vile aggressione, in difesa dei cuor palpitanti rossoblu e di una intera comunità sportiva.

Grazie a tutti e sempre Forza Taranto.

Fabrizio Di Leo