Riganò, "Ho Taranto e i tarantini nel cuore. Giove è la persona giusta per il rilancio del calcio ionico”

Quarantuno gol in sessantaquattro partite, una promozione dalla C2 alla C1 e un approdo alla finale per la Serie B nel 2002; potenza fisica, colpo di testa e gioco di sponda erano le sue armi principali, con le quali metteva in crisi le difese avversarie e faceva sognare i propri tifosi, soprattutto quelli di Taranto e Fiorentina; in lui a Taranto la tifoseria rivedeva le movenze e il mito di Erasmo Iacovone: stiamo parlando di Christian Riganò, il bomber partito da Lipari che si è fatto da solo a suon di gol e di spirito di sacrificio.

Cosa fa oggi Christian Riganò?

Ho preso i patentini per allenare; adesso sto allenando a Firenze due società delle categorie inferiori, come l'Incisa e la Settignanese.

Fino a qualche anno fa inseguivi ancora un pallone. Ricordiamo un tuo gol da centrocampo con un tiro molto potente...

Sì, ho proseguito a giocare nelle categorie minori; mi sono divertito a giocare fino a 41 anni. Quel gol fu uno degli ultimi che misi a segno approfittando del fatto che il portiere fosse fuori dai pali.

Cosa ha rappresentato il calcio per te?

Il calcio era ed è la mia vita; credo che per ogni bambino rappresenti qualcosa di inimmaginabile. Mi dava quella voglia che, almeno a me personalmente, altri giochi non mi davano. Totti ha dichiarato, quando ha smesso di giocare, che il pallone è il suo giocattolo preferito e così è stato per me e per tantissimi altri ragazzi.

Come hai gestito il passaggio dal calcio giocato al momento in cui hai smesso di giocare? Come l'hai vissuta?

Non bisogna gestire la situazione quando si smette ma cominciare a pensare, già mentre ancora si gioca, che prima o poi finirà. Forse non è un paragone azzeccato, ma è un po' come un qualsiasi lavoro che dopo tanti anni finisce con la pensione. Se uno pensa, mentre gioca, che non smetterà mai, nel momento in cui smette soffrirà molto.

Nella tua carriera quali sono stati gli allenatori e i compagni ai quali ti senti di dire grazie?

Devo dire grazie a tante persone e tante città, in primis a Taranto. Ho avuto allenatori bravi e meno bravi, allenatori con cui sono andato d'accordo e altri no, ma alla fine ho dato sempre il massimo per le varie maglie che ho indossato in questi anni. Senza Taranto probabilmente non sarei arrivato neanche a Firenze, senza Taranto non sarebbe esploso il mito di Riganò. Adoro Taranto e i tarantini, credo di aver ricevuto e allo stesso tempo dato tanto al Taranto. Parlo spesso e volentieri di Taranto e Firenze perché quello che ho provato a Taranto e Firenze non l'ho mai provato da nessuna parte, con tutto il rispetto per le altre maglie da me indossate.

A Taranto sei arrivato dopo Iacovone e a Firenze dopo Batistuta...

Batistuta è vivo ed è una leggenda di Firenze, così come Iacovone per Taranto. Mi spiace solo di non aver conosciuto Iacovone perché dai video che ho visto dei suoi gol ho capito perché la gente lo amava... 


09.06.2002: è rimasta una ferita aperta?

Sì, sono passati 17 anni ma la ferita per me ancora non si è rimarginata. È stata una cosa bruttissima non essere riusciti a regalare la B alla città che se la meritava. Ancora oggi non riesco a capire alcune illazioni, questo mettere in dubbio l'impegno e la professionalità di una squadra che disputò un campionato strepitoso senza partire con i favori del pronostico. Per il Taranto ho giocato la finale con dei ferri dentro la mano. Ci tengo a difendere i miei ex compagni di squadra, nello spogliatoio c'erano calciatori tarantini. Loro possono testimoniare la nostra buonafede. Quella partita va analizzata considerando anche il gol regolarissimo annullatoci a Catania con Marziano, senza tenere conto del rigore che Mazzoleni non mi fischiò allo Iacovone. Mi è dispiaciuto che non si sia parlato di questo ma si è tirato fango addosso a una squadra che ancora oggi cammina a testa alta. Venire a Taranto ed essere chiamato venduto mi ha fatto male. I tifosi tarantini per me sono unici e li porto nel cuore. Quella parte di tifoseria che ha messo in giro certe voci non mi farà mai cambiare idea perché io Taranto la amo e la ringrazierò sempre per avermi spinto verso il grande calcio. 

Il Taranto ha chiuso il campionato di Serie D a 71 punti giungendo terzo. Ora è in attesa di disputare i play-off. Hai seguito qualcosa del campionato del Taranto? Che idea ti sei fatto dell'operato del duo Panarelli-Triuzzi? Secondo te il presidente Giove può essere la persona giusta per il rilancio del calcio a Taranto?

Sì, seguo sempre i risultati; anche se non riesco a vedere le partite, ogni domenica sera mi informo su cosa ha fatto il Taranto. Fino a 6 giornate dalla fine si poteva ancora sperare nella promozione diretta, poi c'è stata qualche battuta d'arresto e un calo fisiologico dopo una rincorsa che è durata un anno. Purtroppo avere una o due squadre davanti che non perdono mai rende tutto più difficile. Il fatto comunque che il Taranto sia stato competitivo fino alla fine mi fa ben sperare. Io quando Giove si è insediato come presidente l'ho chiamato facendogli i complimenti. Lui è un passionale, è uno che il Taranto ce l'ha nel cuore. All'epoca quando c'ero io non poteva fare da solo come sta facendo ora, perché c'era un'altra figura calcisticamente più importante di lui. Il solo impegno finanziario che ci mette è da ammirare.

In questi giorni a Taranto c'è Javier Zanetti che sta promuovendo un progetto per la costruzione di una scuola calcio per i ragazzi della Città Vecchia con la sua fondazione. Cosa ne pensi del calcio e dello sport come strumento di aggregazione utile anche per rilanciare il tessuto sociale delle città del meridione?

Il calcio dà tante opportunità per intraprendere strade migliori. Se uno come Zanetti è venuto a fare una cosa del genere vuol dire che gli sta a cuore la situazione. Lui è uno che fa grande beneficenza. Se il vice presidente dell'Inter fa un gesto simile penso che questa sia una cosa straordinaria.

Andrea Loiacono