Laterza, “Agropoli giovane e dinamico. Il Taranto ha l'organico più forte della categoria"

Mister Laterza, nel turno precedente il suo Fasano, attuale terza forza del girone, è uscito indenne dallo stadio dell’Agropoli grazie ad un pareggio pirotecnico. Spesso i confronti annullano i valori numerici imposti dalla classifica che, nel caso specifico, vede i campani relegati in penultima posizione.

“Abbiamo affrontato una squadra molto dinamica, che ha messo tanto cuore nella partita, tanta energia: sicuramente il cambio di allenatore ha creato maggiore di entusiasmo nei ragazzi. Ho trovato un Agropoli molto ben organizzato, fresco e vivace. Non è stato un match facile: il mio Fasano è pervenuto subito al  vantaggio. Purtroppo abbiamo incassato il primo gol in una fase particolare: eravamo in inferiorità numerica a causa dell’infortunio di un nostro giocatore, durante la sostituzione. Siamo stati in difficoltà sul campo allentato dalla pioggia. Nel secondo tempo, abbiamo cercato di ricondurre la gara, ma nel nostro momento migliore abbiamo subito una rete su un fallo laterale. Siamo riusciti ad equilibrare i conti, ma non a portare a casa l’intera posta in palio. Siamo un po’ dispiaciuti per il risultato, però credo che l’Agropoli abbia meritato questo pareggio”.

L’Agropoli del neo tecnico Gianluca Procopio, che ha indossato la casacca rossoblu ionica nel campionato 2000-2001, per intrecci del Fato sotto la primigenia “presidenza Giove”, si appresta ad affrontare il Taranto fra le mura dello Iacovone. Quali le caratteristiche da identificare?

“E’ una squadra cha ha trovato maggiore organizzazione dopo l’avvicendamento in panchina. Ha un organico composto da molti calciatori giovani: domenica scorsa, contro il mio Fasano, sono stati schierati quattro calciatori classe ‘98 più cinque under. L’allenatore Procopio ha puntato sul dinamismo: i suoi ragazzi hanno corso tanto, hanno disputato una partita molto arrembante, nello stesso tempo ordinata ed intelligente”.

Nelle ultime giornate, si è registrata un’autentica ecatombe di allenatori sollevati dal loro incarico. Le programmazioni meditate ed attuate durante i mesi estivi sono state prematuramente interrotte. Quale la sua idea riguardo la delegittimazione di colleghi anche molto quotati?

“Non perché sono di parte nella categoria, ma non sono d’accordo con l’esonero dell’allenatore. Non posso parlare delle situazioni in casa altrui, ci sono sempre direttori sportivi e società che valutano il tutto. Penso che molte squadre si siano organizzate per vincere e per fare bene ma, non ottenendo i risultati auspicati, il rischio e la soluzione più semplice è sempre quella di allontanare le guida tecnica. E’ il vero problema, la rapidità della decisione di un licenziamento, ma non sempre la colpa è solo ed esclusivamente del mister. Dispiace, perché secondo me l’allenatore, essendo di ruolo, è la persona che lavora più di tutti. Far ricadere su lui tutti gli errori e le mancate aspettative è un peccato”.

Il dilemma è reiterato ed insistente in qualsiasi livello del panorama calcistico: latitano la cultura del progetto ed il senso dell’attesa.

“In Italia purtroppo tutti pensano di poter vincere subito, non si dà fiducia alla stessa programmazione, si parte e dopo due mesi, al terzo risultato sbagliato, si licenzia l’allenatore. Non si concede il tempo necessario a coloro che devono sviluppare un determinato lavoro sul campo e nella psiche del gruppo. C’è sempre un avversario che, nello stesso tempo, si organizza e si allena allo stesso modo dei propri concorrenti. Si cerca di avere tutto e subito, ma è un’impresa ardua”.

Fasano, però, rappresenta una sorta di “isola felice”, e non solo per la piacevole etichetta di “rivelazione” nella porzione nobile della graduatoria.

“Il Fasano è l’esempio lampante di quel che significa programmare ed avere pazienza, anno dopo anno. Siamo ripartiti dal basso, la piazza è stata brava ad accettare tutto ed a ricominciare da zero. La società ha collaborato insieme con l’associazione “Il Fasano siamo Noi”, composta da appassionati sostenitori, nella progettazione annuale ed in modo graduale. I frutti del lavoro condotto con continuità si stanno vedendo ora, sia dal punto di vista tecnico, sul rettangolo di gioco, ma anche all’esterno, col settore giovanile, con l’allestimento della Juniores, testimoniato dal premio già conquistato di “squadra più giovane” del girone di Eccellenza. L’US Città di Fasano rappresenta un’eccezione, emblema di una pianificazione seria: la dirigenza è solida, inserisce un elemento giovane nella rosa in occasione di ogni annata agonistica, al fine di rigenerare un assetto competitivo e promettente nel futuro”.

Lei è un allenatore autoctono, una sorta di “profeta in patria”, che sta adempiendo impeccabilmente alla missione affidata.

“Ho iniziato la carriera da giocatore a Fasano, la mia cittadina d’origine. Poi sono andato via, ho girovagato nelle varie realtà di provincia, nei tornei regionali. Quando il Fasano è fallito, si è cercato di avviare il progetto “Il Fasano ai fasanesi”, quindi sono ritornato ed ho disputato altri due anni da calciatore. Purtroppo un infortunio mi ha costretto a fermarmi, ma la società ha pensato, proprio in quel periodo, di allontanare l’allenatore in carica, anche lui conterraneo, e di affidarmi la squadra. Una sorta di scommessa, dalla quale è nato il mio percorso. Con logica e pianificazione, abbiamo vinto qualcosa e siamo riusciti a regalare soddisfazioni alla piazza, sino a raggiungere l’obiettivo della promozione in LND. Sul campo abbiamo onorato i nostri traguardi. Devo ringraziare l’intero ambiente di lavoro: non è facile diventare “profeti in patria”, però anche la tifoseria è stata brava ad aspettare le prestazioni ed i risultati, nei momenti ostici. E’ stata paziente: col tempo, abbiamo vinto la Coppa Italia Promozione,  il campionato di Eccellenza, sino a competere in una categoria in cui si percepisce atmosfera di calcio superiore. Siamo estremamente contenti: io come stratega, la squadra, soprattutto la società guidata dal presidente D’Amico. E la piazza è soddisfatta di quanto stiamo attuando in questi primi mesi, si respira grande entusiasmo”.

In una classifica che è destinata ad evolversi, il Città di Fasano si incastona come una candidata alla promozione finale?

“Esaminata la difficoltà del girone H, quest’anno siamo partiti con l’obiettivo di salvarci subito, cercando di migliorare il cammino della scorsa stagione, che pure ci ha visti operare benissimo da matricola, sino a sfiorare l’accesso ai play off. L’asticella si è alzata inevitabilmente: questi primi due mesi sono stati ricchi di soddisfazioni, siamo partiti in anticipo ed abbiamo avuto la possibilità di ringiovanire l’organico. Stiamo ottenendo risultati importanti, perché non essere ambiziosi? Ce la vogliamo giocare partita dopo partita, senza creare allarmismi o illusioni, che possono ritorcersi contro negli inevitabili periodi complicati. L’entusiasmo esiste sia all’esterno che all’interno della squadra, è un bel gruppo, stiamo lavorando bene, la società è razionale e rassicurante, non ci fa mancare nulla. Ci sono tutti i presupposti per continuare a fare bene. E’ ovvio che il campo deciderà e comanderà su tutti i risultati”.

La graduatoria del girone H è stata caratterizzata dalle distanze labili fra le pretendenti in vetta, complici gli inserimenti a sorpresa ed i ritardi di condizione di alcune compagini aspiranti all’ascesa di categoria. Le metamorfosi sono in atto, ma non si intravede un’egemonia.

“A detta di tutti, questo è il campionato di serie D più difficile e competitivo degli ultimi anni. Molte squadre nel mercato estivo si sono attrezzate per fare bene, alcune hanno dichiarato di voler vincere il campionato, altre neopromosse hanno investito e speso tanto per essere concorrenziali. Sinora i verdetti sono stati affidati al campo ed alle singole organizzazioni. A parte qualche compagine che ha accusato problemi iniziali, la classifica è molto corta, le squadre sono tutte agonisticamente interessanti, onestamente anche un Agropoli non ha l’identità di una formazione di bassa classifica. Abbiamo giocato contro il Nardò: posso dire che sia stata la prova più difficile, dal punto di vista tecnico, con la quale il Fasano si sia confrontato durante il primo mese; un campo ostico sul quale non sarà semplice esibirsi. Le squadre che stazionano adesso a metà classifica non garantiscono sicurezza agli avversari: nessuno può ostentare la presunzione di ottenere un risultato positivo in un campo come quello di Francavilla  per esempio. Chi si è dichiarato inizialmente e sta ottenendo i risultati come il Bitonto, suggellando continuità agli stessi, è ora in testa, ma secondo me bastano due risultati sbagliati e ti ritrovi un’altra capolista la domenica successiva. E’ un bel campionato e ci sarà lotta sino alla fine”.

Il Bitonto è stato semifinalista play off nella passata stagione, dal Cerignola era lecito attendersi di più, mentre il Foggia ha attraversato le forche caudine del declassamento dalla serie cadetta…

“Il Cerignola si è allontanato parecchio dalla vetta, ora non dipenderà solo dalle sue ricomposizioni e dall’ingaggio del nuovo tecnico, ma anche dal rendimento delle concorrenti che non devono perdere terreno e devono tutelare la continuità dei risultati. Foggia è una piazza importantissima, traumatizzata dagli esiti della serie B e dai successivi ripristini societari: dal club dauno mi aspetto un mercato molto importante a dicembre, ha la possibilità di aggiungere parecchie pedine di qualità in rosa, di poter cambiare in caso di necessità. Anche i satanelli hanno inaugurato con qualche stento la stagione: noi li abbiamo affrontati nella giornata del debutto, subito dopo hanno cambiato allenatore, uno squilibrio tecnico nelle prime giornate, poi sono riusciti a rafforzare la propria sequenza positiva. Mi aspetto che il Taranto, con Panarelli alla guida che conosce benissimo l’ambiente, possa inanellare risultati immediati e garantire continuità; secondo me, l’organico ionico è il più importante e forte del girone”.

Il suo Fasano ha affrontato il Taranto già in due circostanze: ad agosto, in occasione della “Raffo Cup”, partita che ha rappresentato l’esordio in panchina di Nicola Ragno; di recente, in Coppa Italia, ha eliminato la rinnovata squadra affidata nuovamente a Luigi Panarelli.

“Quando abbiamo incontrato il Taranto in occasione del trofeo estivo, mi impressionò: in pochissimo tempo, una squadra che aveva cambiato tanto, compresa la guida tecnica, mi apparve autoritaria, mnemonica, già collaudata. Ovvio che il campionato rappresenti un’altra storia: ricordo la prima partita dei rossoblu in casa contro il Brindisi, meritavano di vincere anche largamente, hanno capitolato nel finale. Onestamente, una partenza sbagliata, a causa di molteplici fattori, non offre la possibilità di operare serenamente nel percorso tecnico immediato: in un ambiente così importante, debuttare con una sconfitta non è assolutamente facile, si innesca il panico, è controproducente. Si può perdere in tranquillità, in brillantezza, incombe l’obbligo di vincere per forza la gara successiva. Penso che le gare perse dal Taranto di Nicola Ragno siano state anomale, compresa quella decisiva a Bitonto: nei primi venti minuti, gli ionici avevano mostrato una manovra impeccabile. Nicola Ragno, mister nuovo in una piazza esigente e blasonata, alla guida di un gruppo rinnovato notevolmente e numeroso nei suoi effettivi, avrebbe avuto bisogno di maggior tempo per trasmettere i proprio concetti tattici. Non penso sia stato un problema di modulo, ma di metodologie di assimilazione e di infortuni, come quello accorso a D’Agostino ad inizio stagione: non è facile avere fuori un giocatore di spessore e reinserirlo in un momento delicato. Il percorso inaugurale non è stato benevolo coi rossoblu e per un allenatore di eccellente esperienza come Ragno. Luigi Panarelli, suo successore, conoscendo meglio l’ambiente, ha optato per la mossa più astuta: schierare i giocatori che conoscono i suoi dettami tattici ed il suo modo di pensare. E’ stato abile in questo: credo che in breve tempo riuscirà a trovare continuità nel gioco e nei risultati. Credo che la differenza risieda nella consapevolezza dell’ambiente e del parco giocatori già acquisito, mentre ai nuovi innesti andrebbe concesso un po’ di tempo in più per ambientarsi, perché la pressione, seppur positiva e bella da vivere perché l’obiettivo è quello di provare a vincere il campionato, può condizionare d’impatto anche un allenatore nuovo”.

Nicola Ragno aveva catechizzato di stilare un primo bilancio sul Taranto dopo circa due mesi di esibizioni. E’ d’accordo con questa cronologia?

“Se si cambia tanto, assolutamente sì. Un allenatore, supportato dal suo staff, ha bisogno di tempo idoneo per adattarsi alle dinamiche dell’intero ambiente. Se non si ritrova una base storica, ma un gruppo quasi completamente nuovo, non è facile per un tecnico individuare subito l’equilibrio vincente. Panarelli, rientrando dopo l’esperienza dello scorso anno, ha puntato sulla sicurezza, in alcuni reparti, degli uomini chiave che già ne condividevano la mentalità: così ha incamerato due successi di fila”.

Nei periodi di incertezza, disagio, all’insegna di esami e di riflessioni da parte delle società, sarebbe lecito, per un allenatore, richiedere un’applicazione superiore all’eclettismo tattico, una concentrazione maggiore da parte dei singoli allievi, aldilà delle comodità tecniche e delle abitudini agonistiche?

“Penso con sincerità che nessun calciatore possa entrare in campo per non offrire il massimo contributo o addirittura per perdere la partita…Spesso è questione di approccio mentale, di lucidità: mi riferisco ancora alla trasformazione in negativo del Taranto dopo il primo gol incassato a Bitonto e dopo una prima porzione di gara condotta in modo magistrale. Meritava di pervenire al vantaggio, ricordo tre tiri salvati sulla linea di porta miracolosamente. Dopo il vantaggio neroverde, la compagine di Ragno ha perso la tranquillità e di conseguenza la testa. Penso che l’80% del rendimento di un calciatore appartenga alla predisposizione psicologica: se non garantisce aiuto, equilibrio, coraggio nei momenti drammatici per effettuare determinate giocate, diventa tutto più difficile. Per esperienza, credo che la squadra che vince un campionato debba superare ogni periodo complicato facendo gruppo, insieme con lo staff tecnico, profondendo un contributo in più”.

Alessandra Carpino